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Decollo e atterraggio

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Gli aerei si differenziano tra loro anche per la superficie dalla quale sono capaci di partire sulla qual possono poi atterrare.
Oltre al terreno, infatti, un aero può posarsi sull'acqua (ammarare) o sulla neve.
Gli aerei terrestri, inoltre, possono presentare diverse configurazioni di carrello.

CARRELLO TRICICLO

Il carrello che più frequentemente si trova oggi sugli aerei è il cosiddetto "carrello triciclo", caratterizzato dall'avere le ruote principali dietro e un ruotino sterzante davanti.
Il ruotino è collegato al timone ed è comandato dalla pedaliera.
In rullaggio è autostabile, cioè se per una qualche ragione dovesse deviare dalla traiettoria rettilinea, il velivolo tenderebbe a raddrizzarsi da solo, esattamente come un'automobile.
Inoltre in atterraggio, toccando sulle ruote principali, l'aereo successivamente abbasserà il muso per mettere giù il ruotino, facendo diminuire l'incidenza delle ali e quindi la portanza.
In frenata il ruotino impedisce al uso di abbassarsi troppo e quindi all'elica di toccare per terra.


Sul carrello triciclo, una piccola perturbazione che faccia imbardare l'aereo (in verde), genera due forze a reazione:

  • La forza d'inerzia, applicata sul baricentro (in blu, davanti alle ruote principali) e diretta esternamente alla traiettoria.

  • La reazione dei pneumatici, applicata sulle ruote (in rosso) e diretta in senso opposto alla forza d'inerzia e quindi verso il centro di rotazione.

Queste due forze generano una coppia stabilizzante (in blu) che tende a riportare il veicolo sulla traiettoria originale.
L'effetto è ben noto, quando in auto o in moto, questa tende naturalmente, senza sforzo da parte del pilota, a mantenere una traiettoria rettilinea.

 

In atterraggio, non appena toccato terra con le ruote principali, un aereo con carrello triciclo, avendo il baricentro davanti alle ruote principali, tende ad abbassare il muso per posare il ruotino anteriore.
In questo modo diminuisce l'incidenza e quindi la portanza.
Come ben sappiamo, a questo punto non resta che far smaltire la velocità, magari frenando senza troppi riguardi, e l'atterraggio è concluso.

CARRELLO CLASSICO o TAIL DRAGGER

Il primo carrello adottato sugli aerei fu quello con le ruote principali davanti e un ruotino (o addirittura un semplice pattino) dietro.
Per questo si chiama CARRELLO CLASSICO o TAIL DRAGGER (in italiano "ruotino posteriore") e non BICICLO, che esiste ma è diverso e lo vediamo dopo.
Questo tipo di carrello è molto più semplice, non avendo la parte di comando della ruota anteriore, che deve essere anche ammortizzata.
Inoltre, se il carrello non è retrattile, offre meno resistenza.
Questo tipo di carrello è però molto più difficile da governare, perché instabile.
Per fare un confronto con qualcosa di "terricolo", è come guidare un'auto in retromarcia.
Nel carrello classico il baricentro sta dietro alle ruote principali, pertanto le forze che abbiamo visto prima, essendo disposte in modo differente (forza d'inerzia dietro e reazione dei pneumatici davanti), generano un momento instabilizzante, che tende cioè ad accentuare la virata.
Questo effetto si può sperimentare anche guidando l'auto: lasciando il volante in retromarcia, questa tende a percorrere una traiettoria curva sempre più stretta.
Come se non bastasse, il ruotino posteriore è molto meno efficace di quello anteriore, pertanto il grosso del lavoro lo farà il timone di direzione, che essendo una superficie aerodinamica, per poter lavorare ha bisogno di una certa velocità.
In pratica questo vuol dire dover intervenire continuamente con la pedaliera (che col carrello triciclo quasi non usiamo) per mantenere la direzione e, soprattutto, che mentre con il triciclo l'atterraggio si può dire concluso quando le ruote hanno toccato terra, con il ruotino posteriore non avremo finito se non al parcheggio, dovendo mantenere alta la concentrazione sino alla fine.
Questo "atteggiamento mentale", specie dopo un lungo volo in aria turbolenta, potrebbe essere proprio quello che ci vien meno, facendoci incorrere in errori che normalmente non faremmo.
Sugli aerei i freni non lavorano come sulle automobili, ma sul pedale destro è sistemato il comando del freno destro e così sul sinistro quello del freno sinistro.
In questo modo premendo in modo differenziato i due pedali è possibile girare.
Col carrello classico, per correggere la traiettoria spesso, specie a basse velocità, non è sufficiente l'effetto del timone e quindi si agisce sui freni differenziali, ma agire sui freni su un velivolo che non presenta alcun ostacolo al ribaltamento anteriore può rivelarsi pernicioso.
 
Con il carrello classico, una volta posate le ruote principali, il baricentro arretrato farà posare a terra la coda, ruotando il muso dell'aereo a cabrare e quindi aumentando l'incidenza.
Il velivolo tenderà quindi a riprendere portanza e a risollevarsi da terra, ridecollando con un assetto pericolosamente vicino allo stallo e poca velocità.
Per queste maggiori difficoltà di pilotaggio rispetto al carrello triciclo, il tail dragger è poco utilizzato. Lo si trova su velivoli acrobatici o "Stol", adatti ad operare su superfici non preparate.
O anche ,,

CARRELLO BICICLO

Il carrello BICICLO esiste, ma non è il carrello classico, è invece un carrello dove le due ruote sono messe in tandem, come sulle moto.
Normalmente sono carrelli semplici, adatti a velivoli leggeri come gli alianti, dove la sistemazione delle due ruote annegate nella fusoliera permette una bassa resistenza ovvero meglio ancora se retrattili, un meccanismo semplice.
Un carrello praticamente biciclo ha anche il Sea Harrier, velivolo a decollo verticale, che pertanto non necessita di un dispositivo particolarmente robusto, ma piuttosto semplice.

CARRELLI E RUOTE

I carrelli d'atterraggio hanno la funzione di sostenere il velivolo quando è fermo e di permettergli di spostarsi al suolo.
In atterraggio le ruote vengono sollecitate particolarmente in quanto devono passare da una velocità di rotazione zero ad una equivalente alla velocità con cui il velivolo tocca il suolo in tempi molto brevi.
In pratica lo pneumatico tocca il suolo e "striscia" sino a quando non ruota alla stessa velocità con cui il velivolo avanza. Su un moderno liner significa passare da zero a circa 200 km/h in pochi metri.
Per questo, sugli aerei di grandi dimensioni, si preferisce usare ruote piccole (basso momento d'inerzia e quindi bassa resistenza alla rotazione) raggruppate in "treni".
Avere più ruote con la stessa funzione permette sia di averle più piccole, sia di poter continuare l'atterraggio anche in caso di esplosione di un pneumatico, eventualità non troppo remota data la forte usura cui sono sottoposti.

Per poter operare con ruote piccole occorre che le piste siano asfaltate e prive di ostacoli.
Quando il velivolo è destinato invece ad operare su piste non preparate, ove potrebbe incontrare buche ed avvallamenti, si utilizzano particolari pneumatici, più grandi.

GLI IDROVOLANTI

Gli idrovolanti sono velivoli equipaggiati in modo da poter utilizzare quali superfici per atterraggio (che qui diventa "ammaraggio"e decollo) laghi, fiumi e mari.
Per un certo periodo storico questi velivoli hanno avuto un certo successo. Sia perché si pensava più economico farli decollare dal mare, con a disposizione spazi praticamente infiniti, senza dover costruire lunghe piste, sia perché in caso di avaria durante una trasvolata transoceanica sarebbe stato possibile comunque scendere in mare senza danni.
Fu infatti con una squadriglia di idrovolanti che Italo Balbo trasvolò per la prima volta con una formazione di velivoli l'Atlantico.
Questo volo, fatto con comodo e molto meno avventuroso di quello di Lindbergh fu anche la dimostrazione efficace che l'aeroplano non era più un veicolo per pazzi avventurieri ma era diventato un mezzo di trasporto sicuro ed efficace con cui si potevano coprire enormi distanza in tempi dieci volte inferiori a quelli necessari con le navi..
Purtroppo il fatto che il mare spesso fosse agitato e quindi impedisse di fatto le operazioni, costringendo ad aspettare magari giorni il tempo giusto per poter partire, fece naufragare le velleità di utilizzare questi velivoli come trasporti di linea.
Un altro problema tutt'altro che trascurabile era che in acqua non ci si può fermare, e quindi agli idrovolanti negli scali era necessario continuare a girare in attesa di poter partire. Questo, aumentando la mole del traffico, diveniva di fatto un problema ingestibile.
Gli idrovolanti possono essere del tipo a scafo centrale, e in questo caso nascono sicuramente con questo fine, oppure possono esser velivoli terrestri dotati di galleggianti o "scarponi".
Se l'idrovolante è dotato anche di un carrello terrestre retrattile che gli permette di atterrare anche su piste "solide", si parla di velivolo ANFIBIO.
Fanno parte di questa categoria il Bombardier 415 "Canadair", utilizzato per la lotta agli incendi, e il vecchio e glorioso Consolidated PBY Catalina, un velivolo anfibio utilizzato già nella II Guerra Mondiale per il recupero dei piloti abbattuti nel pacifico.
Su questo velivolo i galleggianti laterali, stabilizzatori, erano retrattili.

L'idrovolante , durante il decollo, deve "navigare" come un natante.
In particolare avremo la necessitò che i galleggianti generino una spinta seguendo la legge di Archimede tale da far galleggiare il nostro velivolo a pieno carico.
Questa caratteristica ne dimensiona necessariamente il volume della parte immersa.
Una volta in movimento, il nostro velivolo comincerà a navigare come uno scafo "dislocante", cioè immerso nell'acqua e sostenuto dalla spinta idrostatica, ma con l'aumentare della velocità diventerà uno scafo "planante", cioè si sorreggerà grazie alla spinta idrodinamica che tanto per cambiare è la solita

 

dove però stavolta  ro è la densità dell'acqua e non dell'aria.

Man mano che la velocità aumenta, oltre ai galleggianti, anche le ali cominceranno a produrre portanza, alleggerendo il compito degli scarponi.
La differenza tra lo scafo di un idrovolante e di un motoscafo sta proprio in questo: mentre un motoscafo deve continuare a stare in acque ed ha un motore a poppa che lo spinge, l'idrovolante una volta in planata comincerà a staccarsi dall'acqua e finalmente a volare.
Per questo gli scafi degli idrovolanti presentano sempre un "gradino", fatto in modo che quando lo scafo inizia a planare la parte a poppa esca completamente dall'acqua (si dice "sale sul gradino"), diminuendo notevolmente la resistenza.

La forma della chiglia a "v" piuttosto che piatta, che faciliterebbe l'entrata in planata, ha lo scopo di "ammortizzare" l'impatto in fase di atterraggio.
Invece che uno "schiaffo" su una superficie piatta l'acqua reagisce con una spinta graduale man mano che aumenta il volume immerso, fungendo da vero e proprio ammortizzatore.
Il paraspruzzi serve ad evitare che gli spruzzi d'acqua colpiscano l'elica o vengano aspirati nel motore.

GLI SCI

Con un aereo è possibile anche atterrare e decollare da superfici a fondo innevato.
Per potersi muovere sulla neve occorre che sul velivolo vengano montati degli sci.
Questi hanno la funzione di far galleggiare l'aereo sulla neve, come per gli sci o le racchette da neve utilizzate nell'alpinismo, la funzione dello sci è quella di suddividere il peso su una superficie abbastanza fasta da fare in modo che la pressione non sia tale da far sprofondare nella neve il carrello.
La dinamica dello sci nella neve fresca ha delle similitudini a quella del galleggiante nell'acqua ... inizialmente l'aereo si sostiene sulla neve in quanto lo sci la schiaccia sino a creare una superficie abbastanza compatta da non sprofondare oltre.
Da fermo inoltre i cristalli di neve si incollano allo sci.
Quindi il momento più delicato è quello iniziale, quando lo sci deve "scollarsi" dalla neve. Una volta che comincia la corsa, la neve che tocca la superficie dello sci fonde e si trasforma in acqua - lo sci quindi scivola su una patina d'acqua.
Qui non è necessario salire sul gradino, ma occorre spostare la neve davanti agli sci per avanzare, sino a che la portanza generata dalle ali e la spinta idrodinamica sugli sci non è sufficiente a far galleggiare lo sci sulla neve senza solcarla.
A questo punto, finalmente, l'aereo può prendere velocità e quindi sollevarsi.
Gli sci normalmente sono retrattili, in modo che l'aereo possa atterrare sia sulla neve che sulla pista asfaltata.
A sci estesi lo pneumatico dovrebbe appoggiarsi sopra lo sci. Esistono sci dove la ruota resta "appesa", ma la loro efficacia è molto ridotta dall'azione frenante esercitata comunque dalla sezione di ruota che sporge.

 

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