Fisica - dispense
Elettrostatica

 
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Già gli antichi Greci avevano notato (V secolo a.c.) che se si strofinano alcuni materiali (in particolare l'ambra, in greco ηλεκτρoν, elektron, da cui poi il termine elettricità, che è una resina fossile. E' un materiale colloso e trasparente che col tempo si indurisce, appunto "fossilizza", e che era utilizzato per realizzare gioielli - Se vi ricordate il film "Jurassic Park" è il materiale in cui sarebbero state conservate le zanzare giurassiche che forniscono il DNA dei dinosauri) con un panno di lana, questi poi diventano capaci di "attirare" (o respingere) altri materiali come polvere, pagliuzze, capelli ...
In età moderna fu Charles Augustin de Coulomb (1736-1806) a studiare il fenomeno e in particolare a misurare le forze prodotte dalle cariche elettrostatiche (appunto da lui prende il nome della grandezza fisica "carica elettrica" il Coloumb).
Il fenomeno si spiega ricordando la struttura degli atomi, composti da un nucleo che contiene Protoni (a carica POSITIVA) e Neutroni (a carica neutra e per quello che stiamo trattando ora possiamo trascurarli) e da Elettroni (carica NEGATIVA) che gli orbitano attorno.
Quando strofiniamo un materiale "isolante" (vedremo tra poco cosa vuol dire) con un altro può accadere che alcuni elettroni si spostino da un materiale all'altro, lasciando "sbilanciata" la carica elettrica.
In questo modo uno dei due risulta elettricamente carico, e quindi in grado di attirare a se cariche di segno opposto (un altro materiale anch'esso elettricamente carico ).
In particolare già i Greci avevano osservato che se strofino con un panno di lana due oggetti fatti dello stesso materiale, questi poi si respingeranno, mentre tutti e due  attireranno il panno di lana con cui sono stati strofinati.
Coloumb in pratica realizzò lo stesso esperimento di Cavendish che abbiamo visto nel capitolo III quando abbiamo studiato come funzionano le forze gravitazionali, per misurare le forse dovute alle cariche elettrostatiche.
In questo caso, però, invece di due "masse" Coloumb utilizzò due sfere elettricamente cariche.
Il principio è lo stesso: stavolta le cariche elettriche si possono sia respingere che attirare (dipende se sono dello stesso segno o no), si misura la distanza e la torsione del filo e si ricava la forza.
E la "formula" che ne ricavò fu più o meno la stessa che fu trovata per le forza gravitazionali.

Infatti come per le forze gravitazionali la forza risultante tra due cariche elettriche è proporzionale al prodotto delle cariche (per la gravità era il prodotto delle masse ed era solo attrattiva) e inversamente proporzionale al quadrato della distanza tra queste (esattamente come per la forza gravitazionale).
La costante k è la costante di Coloumb e come al solito serve per far tornare i conti, mentre la grandezza ε è detta "costante dielettrica" e dipende dal fluido in cui è immersa la nostra bilancia (per le forze gravitazionali invece questa caratteristica non c'è).

Il CAMPO ELETTRICO

Come è possibile parlare di "campo gravitazionale" quando tra le due masse c'è una differenza tale da poter ragionevolmente pensare che la massa più piccola non influenzi le caratteristiche del campo di attrazione della massa più grande, così anche per le cariche elettriche possiamo parlare di "campo elettrico", visualizzandolo come le linee di forza che attirano o respingono una piccola "carica di prova".
Se riscriviamo l'equazione che ci da la forza elettrica evidenziando "tirando fuori" la carica di prova e immaginando la forza elettrica come una forza di valore fisso che si "distribuisce" sulla superficie di una sfera questa viene così:

 

Scrivere k o scrivere k/4π , dal momento che parliamo di una costante, non cambia la sostanza, ma in questo modo vediamo come l'intensità della forza diminuisce con l'aumentare della superficie della sfera di raggio uguale alla distanza tra le due cariche.
Questo tipo di distribuzione è comune a tutti i fenomeni "simmetrici", come lo è il campo elettrico dovuto ad una carica puntiforme o il campo gravitazionale di una massa qualsiasi ad una distanza sufficiente a poterla assimilare ad una massa puntiforme (anche una enorme stella, da lontano sembra un puntino).
Potete immaginare un campo simmetrico relativo ad una carica puntiforme come tanti "raggi" che partono dalla carica.
La densità di questi raggi ad una certa distanza dal punto che li genera è uguale al numero dei raggi diviso per la superficie, appunto della sfera con raggio uguale alla distanza.
Le cose cambiano se le due cariche sono di entità tale da interagire tra di loro e modificare le linee di flusso.

Nelle due figure a lato sono rappresentate le linee di flusso di un campo elettrico generato da due cariche uguali, nel primo caso di ugual segno e nel secondo caso di segno opposto.

SI definisce CAMPO ELETTRICO  e si indica con E la forza elettrica generata da una carica elettrica o una distribuzione di cariche, divisa per il valore della carica elettrica di prova.
In questo modo il CAMPO ELETTRICO diventa indipendente dalla carica di prova.
Il campo elettrico è un vettore (è diretto secondo le "linee di flusso" che vedete nelle varie rappresentazioni e, per quello che possiamo calcolare noi, è diretto verso la carica puntiforme (cioè il centro della sfera).

Ora vediamo in particolare cosa succederebbe se noi disponessimo di due superfici di dimensioni infinite caricate con cariche opposte: il campo avrebbe la forma delle figura a lato.
In pratica le linee si disporrebbero perpendicolarmente alle due superfici e il campo risulterebbe costante indipendentemente dalla distanza del punto dove lo andassimo a misurare rispetto alle due lastre.
Per due piastre di dimensioni finite, ma abbastanza vicine da poterle considerare molto grandi rispetto alla distanza che le separa, e non volendo essere troppo pignoli e quindi non andando a vedere cosa succede sui bordi, il campo elettrico può essere così valutato:

Se chiamiamo σ la "densità di carica" cioè la carica totale Q sulle due piastre diviso per la superficie S delle piastre il campo elettrico tra queste risulta costante e dipende solo dalle cariche, dalla superficie delle piastre e come sempre dalla "costante dielettrica" che dipende dal tipo di materiale che si interpone tra le due piastre.
Questa particolare distribuzione di cariche trova applicazione in elettrotecnica ed elettronica ed è il "condensatore".
Più avanti vedremo le sue caratteristiche specifiche.

Isolanti e conduttori

I materiali, rispetto alle cariche elettriche, si comportano in modo diverso.
In particolare vi sono materiali, tipicamente i metalli, che per la loro struttura hanno una grande facilità a permettere la mobilità degli elettroni.
Nei metalli infatti gli elettroni sono messi "in comune" da tutti gli atomi e sono liberi di muoversi.
Negli altri materiali invece gli elettroni sono legati alle loro molecole e hanno una mobilità piuttosto limitata.
Per questo se io avvicino una barretta metallica ad un oggetto dotato, ad esempio, di carica positiva, gli elettroni liberi di muoversi vengono attirati dalla carica positiva e si spostano verso l'estremità vicina all'oggetto carico positivamente.
Pertanto la barretta metallica, all'altra estremità, risulterà più povera di elettroni e quindi sarà dotata di carica positiva.
Questo fenomeno si chiama "induzione", perché la carica di un polo dell'oggetto conduttore è "indotta" da un altro oggetto.
Se consideriamo un solido qualsiasi composto da materiale conduttore, le cariche elettriche al suo interno sono quindi libere di muoversi.
Se il solido è isolato rispetto al resto del mondo (ad esempio una sfera metallica su un supporto di plastica) ed è elettricamente carica, le cariche, dello stesso segno, tenderanno a respingersi. Ed essendo libere di muoversi si allontaneranno più che possono le une dalle altre, di fatto disponendosi sulla superficie del conduttore.
Quindi all'interno del conduttore non vi saranno cariche e il campo elettrico sarà nullo.
In generale su un conduttore le cariche si dispongono su una superficie.
Se prendiamo quindi una massa metallica (o una albero, pieno di linfa umida e quindi anche lui conduttore) le cariche si dispongono sulla superficie.
Dove c'è più superficie relativamente al materiale quindi vi è una maggiore densità di carica.
In generale questo avviene sulle "punte", dove c'è più superficie in relazione alla quantità di materiale.
E' il motivo per cui le cose "a punta" attirano i fulmini.
Nei materiali (solidi, liquidi o gas che siano) le cariche si spostano fisicamente (se possono farlo) oppure, se le molecole che compongono il materiale sono polarizzabili (cioè sono composte da elementi che tendono con maggiore facilità a cedere o meno elettroni) anche il materiale si "polarizza" - le cariche non si spostano ma le molecole si allineano in modo ordinato,
Ad esempio, la molecola dell'acqua è formata da un atomo di ossigeno, che è dotato di carica negativa e da due atomi di idrogeno, positivi.
In condizioni normali le molecole dell'acqua sono orientate a caso, in modo disordinato.
Ma se le sottoiponiamo ad un campo elettrico tendono ad orientarsi nel senso che le molecole di ossigeno vengono attirate dalla carica positiva e quelle di idrogeno dalla carica negativa.
In pratica si "orientano" tutte nello stesso verso.
 

Campo elettrico ed energia

Se prendiamo una carica elettrica in un campo elettrico come abbiamo visto è soggetta ad una forza,
Quindi quando questa si sposta nel senso delle linee di flusso del campo elettrico, il campo compie un LAVORO che, come nel caso delle masse e della forza di gravità, o di qualsiasi altra forza che sposti qualcosa è dato da L = FxS (con S spostamento).
Nel caso del campo elettrico generato da una carica puntiforme, dove come abbiamo visto la forza dipende dalla distanza dal centro del campo, è un po' difficile fare conti in quanto al variare della distanza cambia anche la forza elettrica (è inversamente proporzionale al quadrato della distanza dal centro).
Pertanto ci limitiamo a considerare cosa succede ad una carica che si muove all'interno di un campo generato da due piastre piane parallele.
Il lavoro che il campo svolge sulla carica q1 è ovviamente la forza elettrica per lo spostamento.
Il lavoro che "potenzialmente" il campo elettrico (tra due piastre parallele) può eseguire è quindi dato dal campo per la distanza della carica dalla piastra.
Per non dover considerare il valore della carica, invece del "lavoro potenziale" utilizziamo il "potenziale elettrico", che è dato dal lavoro potenziale diviso per la carica (se facciamo il confronto con il campo gravitazionale il lavoro - o energia - potenziale è mgh, il potenziale gravitazionale sarebbe gh, in questo modo libero dal fatto di utilizzare una particolare massa).
Il potenziale elettrico si misura in Volt - simbolo V (il Volt prende il nome dal fisico italiano Alessandro Volta che studiò gli effetti delle correnti elettriche e inventò la "pila").
Nelle applicazioni pratiche poi ha particolare interesse la "differenza di potenziale" elettrico tra due punti nello spazio, che è data dalla differenza di potenziale dei due punti e quindi in pratica dal campo elettrico per la distanza tra i due punti (misurata sempre nel senso delle linee di flusso del campo).
Nelle applicazioni pratiche avrà poi una grande importanza il "movimento" delle cariche elettriche tra due punti a diverso potenziale, e cioè la "corrente elettrica", che vedremo nei capitoli successivi.

I fulmini

Il fenomeno sicuramente più notevole legato all'elettricità statica è il lampo, o fulmine.
Il fenomeno del fulmine dal punto di vista concettuale non è molto complesso.
Semplicemente le nubi sono composte da goccioline d'acqua o cristalli di ghiaccio in sospensione nell'aria.
Nelle nubi temporalesche queste goccioline si muovono velocemente, sfregando le une contro le altre, e si caricano elettricamente.
Generalmente possiamo avere cariche sia positive che negative (la maggior parte dei fulmini avvengono tra nubi e non vanno ad interessare il suolo).
Quando sul suolo è presente una carica (in genere positiva), per induzione, le cariche negative della nuvola si raccolgono sulla superficie inferiore.
Quando la carica raggiunge un valore abbastanza elevato l'isolamento dato dall'aria non è più sufficiente a tenere separate le cariche che a questo punto si spostano velocemente dalla nube verso il suolo generando la scarica elettrica.
Siccome le nuvole sono molto distanti dal suolo il valore di s che abbiamo visto poco fa è molto grande e di conseguenza è grande anche il valore di V (le scariche dei fulmini raggiungono differenze di potenziale dell'ordine dei milioni di Volt).
Se invece andiamo un po' più nel particolare le cose sono un pochino più complesse.

In pratica perché si generi la scarica occorre che tra la nube e il suolo si venga a formare un "canale" di aria ionizzata (cioè particelle elettricamente cariche o polarizzate) che fa da "conduttore" tra il suolo e la nube.
A questo punto avviene una relativamente piccola scarica elettrica che ha però l'effetto di completare la ionizzazione di questo canale rendendolo fortemente conduttivo.
Subito dopo attraverso lo stesso canale la nube si "scarica" in modo massiccio.

Le cariche elettrostatiche sono la causa delle note "scintille" che sentiamo quando scendiamo dall'automobile.
Durante la marcia, l'auto, che è una massa conduttrice isolata da terra (dagli pneumatici di gomma) si carica elettrostaticamente.
Quando scendiamo a terra e tocchiamo la carrozzeria, esattamente come la nube che scarica il fulmine attraverso l'aria, la carrozzeria si "scarica" attraverso il nostro corpo.
La cosa è sostanzialmente fastidiosa ma nulla più.
Sulle auto a volte si installano delle "cinghie antistatiche" che servono per collegare al terreno l'auto e impedire l'accumulo di cariche.
Se invece fossimo in presenza di vapori infiammabili, come ad esempio durante il rifornimento di una cisterna, l'eventuale scintilla potrebbe causare un incendio.
Per questo quando si rifornisce un'autocisterna PRIMA di procedere al rifornimento si collega la massa metallica del mezzo a terra tramite un cavo.
In questo modo le cariche elettrostatiche accumulate si scaricano a terra e non vi è pericolo che si generino scintille.
La stessa precauzione si deve prendere ogni volta che si fa rifornimento ad un aereo.
Prima di avvicinare il bocchettone alla massa metallica si deve collegare a terra l'aereo con un cavo.
Nel 1937 fu una scarica elettrostatica tra il pilone d'ancoraggio e la carcassa del dirigibile Hindemburg che causò uno degli incidenti più famosi dell'aviazione.
L'Hindemburg era gonfio di idrogeno (fortemente infiammabile) anche se fu progettato per essere riempito d'elio (al contrario inerte), in quanto l'embargo messo in atto dagli USA impediva alla
 

Germania di Hitler di disporre di questo gas.
L'incidente che costò la vita a 36 persone, segnò la fine dell'era dei dirigibili.
Ebbe particolare risonanza in quanto la scena (all'epoca gli "ancoraggi" dei dirigibili erano eventi abbastanza spettacolari da meritare la presenza degli operatori dei cinegiornali) fu ripresa da operatori e fotografi e quindi poi vista in pratica in tutto il mondo.

Anche nelle sale operatorie e in genere egli ambienti dove si fa uso di gas medicali infiammabili (etere) si doveva far attenzione a che non si generassero scintille a causa di un accumulo di cariche elettrostatiche.
Per questo le calzature di chi opera in questi ambienti non possono essere isolanti, così come i pavimenti che devono essere appositamente previsti "antistatici", le ruote dei lettini e dei mobili e in genere ogni apparato che deve essere rigorosamente collegato a terra.
Oggi queste prescrizioni, con l'abbandono dell'etere come gas anestetico, non sono più necessarie (non sono più richieste dalla quinta edizione della norma CEI 64-8 - 2003).

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